Rita Ghedini: il costo del welfare














La riforma del lavoro è passata al senato con la fiducia. E' una riforma controversa che sicuramente ha visto un dispiego di grandi energie. I fini sono diversi. Stimolare
l'impiego giovanile e di genere, così dicono i sostenitori, mentre gli oppositori criticano che peggiora le condizioni dei lavoratori già in grande difficoltà. Dall'Europa commentano  che la legge è abbastanza ambiziosa per riuscire a fronteggiare le enormi difficoltà che il paese sta vivendo. Sarebbe importante definire con quali e quanti vantaggi e sopratutto per chi. Certamente è una materia difficile da districare. La riforma sul lavoro interessa da vicino la conciliazione della vita lavorativa e famigliare che sono in stretta relazione ai servizi all'infanzia.  Così come i servizi educativi, influenzano il lavoro di genere che si ripercuote  sull'andamento del pil e sull'economia del paese... insomma si tratta di un circolo di contaminazioni che sono importanti da definire. A parlarne la Senatrice Rita Ghedini.

Iniziamo da una domanda di tipo informativo: cosa sono i voucher e che scopo hanno?
Il voucher è un contributo economico. La forma può variare possono essere ticket, assegni o altro ancora, questo poco importa. In ogni caso si intende un contributo rilasciato da un'amministrazione pubblica statale o decentrata, in luogo di un servizio per acquistare un servizio. Prima venivano presentati gli scec, assegni predefiniti in termini di importo data e destinazione. Il valore della prestazione è vincolata perché corrisponde ad un cittadino o una cittadina per comprare una certa tipologia di servizi sul mercato regolato. Può essere erogato per servizi diversi e scelti dal cittadino.
Faccio presente un dato in contro tendenza rispetto all'andamento nazionale che riguarda la demografia. In Emilia Romagna la crescita è in aumento. Ciò è un buon segnale rispetto a tutta una serie di questioni che riguardano da vicino il lavoro, la crescita economica e alla parificazione delle donne. Ad un dato così positivo gli enti però non rispondono erogando servizi adeguati. Scendo nel dettaglio con esempi a Bologna siamo nell'ordine di alcune centinaia di bambini esclusi dalle scuole dell'infanzia e a Ferrare sono 600 tra nidi e scuole. Da questo contesto come se ne viene fuori?
L'esempio dell'Emilia Romagna è calzante. Il dato a livello nazionale è un dato di calo demografico, il saldo è negativo, è negativo da tempo e continua a esserlo. C'è stata una lieve ripresa alla fine del primo decennio del 2000 e adesso c'è di nuovo un calo, certamente legato alla contrazione dei redditi e ad una carenza di servizi. L'Emilia Romagna ha delle caratteristiche che andrebbero diffuse. Investire in welfare significa investire sullo sviluppo in generale. E' un investimento costoso non c'è niente da fare i servizi sono costosi, ma permettono di aumentare il pil. Per rimanere in Emilia-Romagna, dalla fine degli anni '80 si è invertito il trend demografico ed è successo una cosa che ha smentito gli anni precedenti, cioè per molti anni le regioni in cui si facevano più figli erano le regioni in cui le donne lavoravano meno fuori casa tipicamente al sud. Poi lo scenario è mutato. In questo momento in Italia le regioni dove si fanno più figli sono L'Emilia-Romagna, il Veneto e la Lombardia, cioè quelle regione dove il welfare a sostegno della conciliazione c'è. Costa certamente molto e lì qualcosa si può certamente fare qualcosa. Quelle
regioni che hanno iniziato ad investire decenni in cui c'erano le risorse, hanno erogato servizi finanziati dal pubblico e anche gestiti direttamente dal pubblico. Oggi la gestione tutta pubblica ha certamente delle rigidità non sostenibili. Un po' alla volta si sta andando su sistemi pubblico e privato in cui gli standar sono garantiti e definiti dal pubblico. Così si garantisce un sistema davvero di qualità. Il welfare di qualità non garantito solo da una gestione diretta la qualità è possibile con il controllo e linee guida pubbliche. L'investimento per la conciliazione è un investimento per la società. Non è vero che il voucher serve a far costare meno la retta dei servizi, serve a flessibilizzare l'offerta. Questo è importante. Alcuni servizi pubblici rispondono ad alcune esigenze, l'asilo nido del comune aperto dalle 8,30 del mattino alle 16,30 del pomeriggio non risponde al bisogno di moltissime donne che cominciano a lavorare prima e finiscono dopo. Non solo, il voucher che c'è
nella riforma del lavoro è un voucher che va anche in sostituzione del concedo facoltativo. In Italia il congedo è utilizzato da pochissime donne perché è pagato poco, solo al 30% dello stipendio, allora se quella risorsa rimane inutilizzata, tanto vale convertirla in un buono servizio a scelta che la famiglia può utilizzare per integrare l'acquisto di alcuni servizi che comunque servono. Se il nido ho la fortuna di averlo, posso integrare la retta che le famiglie fanno sempre più fatica a pagare.
Oppure posso utilizzarlo per la babysitter che va a prendermi i bambini in uscita dal nido o dalla scuola. Questo mi permette di far lavorare la babysitter in modo regolare e regolamentato. Così riportiamo alla luce una quantità di lavoro sommerso che mi consente anche di innalzare il pil, attraverso il lavoro di donne a supporto delle donne in una catena davvero positiva.
Per tornare invece alle lunghe liste d'attesa non commentiamo quelle del nido, a cui siamo già abituati e le cui liste ormai sono fisiologiche, quelle delle scuole d'infanzia sono allarmanti...
Non sono un nuovo fenomeno. Purtroppo in Emilia-Romagna a fasi succede. Il fatto che succeda nella scuola che non sono un servizio di welfare ma è scuola a tutti gli effetti, è ancora più grave. C'è un tema intanto d'investimento. I tagli dei trasferimenti ai comuni hanno depresso la situazione qualora le scuole siano gestite appunto dal comune, nel caso Bologna e altre città. Dove invece ci sono scuole Statali, lo Stato non è stato in grado di aprire nuove sezioni che dovevano servire. Credo che anche in questo scenario gli strumenti di flessibilizzazione possano essere in grado di rispondere. Ad esempio le sezioni primavera, una rimodulazione dei parametri che però non può andare a detrimento della qualità del servizio. E questo tema deve interessare e essere un grande punto di attenzione. In regione Emilia-Romagna siamo abituati a servizi di grande qualità ma se poi la grande qualità rimane confinata a pochi servizi non risponde alle esigenze. In questo senso credo che alcune rimodulazioni possano essere fatte. Al tempo stesso va ribadito un concetto: i
servizi per l'educazione, l'istruzione e il welfare in tutte le età della vita sono un investimento per lo sviluppo e non un costo. Se continuiamo a pensare che i servizi assorbono risorse e basta quando territori come il nostro hanno dimostrato quanto renda in occupazione e benessere, siamo in un cu de sac inevitabile. Tutto ha un costo anche gli strumenti più flessibili come il voucher che non vanno demonizzati ma favoriti, hanno comunque un costo. Dire come sento spesso ultimamente
che esistono forme di welfare senza costi è un falsità che porta a mal definire la situazione e ad ipotizzare scenari non possibili.