Perchè i nidi chiudono?



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“Se nulla cambia i nidi sono destinati alla chiusura” annuncia Lorenzo Campioni presidente dell'associazione Gruppo Nazionale dei nidi. Lo dice in apertura del convegno Educare e/é politica che si è concluso di recente a Reggio Emilia. I nidi chiudono per mancanza di economie,
economie che ci sono state e oggi sono concluse. Il primo e unico investimento è stato avviato durante il Governo Prodi nel 2007 quando si è avviato un Piano d'Investimento straordinario che oggi si è estinto e non è più stato rinnovato. E Senza economie il destino è segnato. Il Piano straordinario, unico investimento da parte dello stato in 40 anni di attività è stato avviato per seguire le indicazioni dalla Comunità Europea che il nostro paese ha sottoscritto. Gli obbiettivi erano tanti e sull'infanzia si precisavano così: entro l'anno 2010 si doveva raggiungere almeno il 33% dell'offerta per i servizi 0-3 e il 90% per le scuole d'infanzia. Per le scuole il traguardo è stato soddisfatto in pieno, per i nidi, nonostante l'investimento straordinario, siamo lontani dall'obbiettivo. Oggi ci aggiriamo intorno ad 17-18% dell'offerta. Lo Stato grande assente in questo settore oltre a non investire direttamente ha tagliato anche le economie che indirettamente venivano destinate allo 0-3. E mentre i paesi membri alla CE investivano anche il 2 o il 2,5% del pil, in Italia l'investimento si aggira attorno allo 0.15% del Pil.
Ad aggravare la situazione c'è un altro elemento, fino ad oggi la spesa è stata sostenuta dai Comuni che oggi sono impossibilitati a spendere e ad assumere il personale necessario al far funzionamento dei servizi. Anche questa è un'anomalia tutta italiana.
“I comuni per tentare di salvare i servizi - racconta Campioni - sono ricorsi a diverse strategie. Hanno ridotto gli orari d'apertura, hanno aumento il rapporto numerico tra bambini/educatori a volte anche contro le norme di legge. Hanno aumentato le rette sostenute dalle famiglie. Progressivamente si sono esternalizzati a privati e infine si chiude”. Le rette aumentano fino a toccare i 6-700 euro e le liste dei bambini che chiedevano nido, prima lunghissime, si stanno azzerando. Campioni individua però un altro fenomeno che dice preoccupante: “E' sottovalutata la tendenza all'anticipazione. Essendo i servizi 0-3 economicamente pesanti da sostenere, o a volte del tutto assenti, i genitori tendono ad anticipare l'ingresso alle scuole d'infanzia. Le scuole d'infanzia però non sono attrezzate ad ospitare bambini tanto piccoli. Per più motivi: il personale non è formato in modo adeguato e le strutture non sono attrezzate. Faccio un esempio per essere più chiaro, se il cambio del bambino al nido è considerato uno dei momenti più delicati e importanti per la relazione tra bambino-adulto, alla scuola è vissuto come un fastidio. Stiamo parlando di relazioni delicate che richiedono attenzione, preparazione e tempi adeguati. Le riforme che hanno consentito l'anticipo - Moratti prima, e Gelmini poi - sono semplicemente criminali. Non denunciarle e sopportarle ci rende altrettanto criminali”. Il convegno di Reggio Emilia si è poi concluso con un appello che invita ad una rapida discussione del disegno di legge, prima firmataria Francesca Puglisi, depositato in Senato e alla Camera, che riconosce intanto un sistema prescolare 0-6 sotto il controllo del Ministero dell'Istruzione ma sopratutto individua un finanziamento permanente e continuativo. Lasciamo Campioni con un'ultima dichiarazione altrettanto forte e incisiva come quelle precedenti: “Si dice spesso che non ci sono soldi, ma la verità a parer mio è un'altra, di soldi ce ne sono troppi, sono solo spesi male e nei posti sbagliati. Si tratta di scelte, allora perché impiegare tante economie in altri comparti, per esempio nel militare, e nulla sull'infanzia?”