Beni comuni e infanzia. Gli Interventi

Beni comuni e infanzia












 
L'Università di Bologna, la scuola di Giurisprudenza e l'Associazione BolognaNidi, per la prima volta insieme, hanno creano un dibattito sui servizi educativi rivolti all'infanzia. 
In questa pagina trovate una breve sintesi degli interventi dei relatori. 

 
Introduzione di Laura Branca: 

Questo convegno vuole portare attenzione ai servizi educativi rivolti all'infanzia, attualmente in forte crisi.

I motivi di questa crisi sono complessi ma possiamo individuare tre macro questioni:

Primo: manca attenzione/interesse generale al tema sia da parte del grande pubblico che da parte della classe politica. Secondo: Mancano investimenti economici e mancando le risorse i servizi stanno chiudendo. Terzo: I vincoli normativa imposti ai principali gestori gli Enti ne impediscono la gestione.Ci concentriamo su questo punto. Affrontiamo la questione da ottiche diverse a volte molto lontane.

E ci poniamo anche una domanda: possiamo tutelare e gestire questi servizi come Beni Comuni?



Professor Antonio Carullo: 

La riforma della Costituzione ha reso possibile, anzi auspicabile, un sistema misto integrato tra pubblico e privato ove la  sussidiarietà sia anche bidirezionale e cioè che consenta la miglior valutazione del sistema organizzativo a seconda dei casi di specie lasciando all'amministrazione tutte le possibilità. D'altra parte alle Amministrazioni Pubbliche oggi  sono imposte limitazioni di spesa e non solo dettate dalla spending review. Dovremo ripensare ad un sistema che vede sempre più le PA come soggetto a cui spetta l'organizzazione dei servizi pubblici, economici e non, e, quindi,  il  controllo dei risultati e il privato come soggetto a cui spettano compiti una volta non ipotizzabili. E' una  via imposta dal dover mantenere il livello del diritto al  benessere fino ad ora goduto e contemporaneamente  assestare i conti pubblici con  una spesa per i servizi alla persona  più contenuta. In un sistema così organizzato però la definizione dei livelli standards che indicano i contorni qualitativi, è più che mai attuale e stringente perché possa affermarsi come il diritto al benessere e non si vada a comprimere nella sostanza.


Daniele Chitti:

Vi sono molti ostacoli al fatto che i servizi educativi possano essere considerati "beni comuni". In Italia vi sono anche importanti ostacoli di tipo culturale molto profondi, legati all'apparente contraddizione di vedere tali servizi da un lato come una mera estensione dell'attività della famiglia, dall'altro come un'alternativa alla stessa. In entrambe queste accezioni, a cui ha pesantemente contribuito una certa impostazione psicologica e pedagogica molto alla moda, la famiglia, luogo della vita privata per eccellenza, resta centrale nella connotazione di questi servizi. Il nostro sforzo strategico, soprattutto per chi si occupa della loro gestione, è di spostare l'interesse sul rapporto tra questi servizi e la comunità. Se dovessi azzardare uno slogan, direi che in questi servizi, anche come gestori, soprattutto se pubblici, dovremmo fare "meno psicologia e pedagogia", e "più antropologia e politica".

Senatrice Maria Cecilia Guerra:

Con il piano d'investimento straordinario nel 2007 abbiamo avviato una maggiore diffusione dei servizi e abbiamo attenuato, attenzione attenuto, le forti differenze di diffusione che esistono tra nord e sud. Ciò nonostante non sono state soddisfatte le percentuale del 33% che il piano si era imposto. Ad oggi le economie si sono azzerate. Il Governo Renzi ha espresso la volontà di avviare nuove risorse, al momento non sono state definite, quante e come. Attualmente siamo di fronte ad un sistema di gestione misto: di pubblico in larga parte e privato convenzionato. Confrontando le due gestioni si riscontrano differenze economiche anche notevoli. Se scendiamo nel dettaglio capiamo che i risparmi che ci garantisce il privato sono dovuti alla minor presenza delle sezioni lattanti (le sezioni più costose), la presenza di meno bambini con disagi e le differenze contrattuali del personale. Alla luce di queste considerazioni la definizioni dei livelli standars, non possono più essere rimandate. Per definire quanto spendere dobbiamo quindi determinare i contorni qualitativi del sistema.


Professor Ugo Mattei: 

Il mio intervento non si concentrerà sui servizi educativi rivolti all'infanzia ma, come mi è stato richiesto, racconterà un'esperienza in cui sono direttamente coinvolto a Napoli. Nella città partenopea da qualche anno, abbiamo avviato la gestione dell'acqua pubblica. Questa gestione è un esempio concreto di un servizio che è un Bene Comune. L'acqua a Napoli è pubblica. La gestione è affidata ad un'azienda speciale che nella definizione del suo statuto ha elementi di trasparenza e partecipazione dei cittadini. L'acqua come bene essenziale, come bene che può esaurirsi, deve essere garantita a tutti i cittadini a costi contenuti e in modo diffuso. Nella gestione è prevista la partecipazione di chi ne usufruisce. Questo processo è stato avviato con la delibera del 2011, in cui la Giunta comunale ha approvato, su proposta dell'assessore ai Beni comuni la costituzione di ABC (azienda Speciale).


Professoressa Silvia Nicodemo: 

I servizi per l’infanzia- perseguono un interesse generale, nel quadro di riferimento dell’UE e della Raccomandazione della Commissione del 20 febbraio 2013 dove si chiede agli stati di investire nell’infanzia. L’investire nell’infanzia si configura come attività di interesse generale, sono diretti a raggiungere il benessere delle generazioni presenti e futuri. Entrano così in gioco beni di interesse della collettività . Vi sono beni quali la educazione, la conoscenza, la cultura, che sono beni costituzionali  e per le quali la Costituzione prevede interventi di tutela e di promozione. Vi sono beni materiali, che devono essere gestiti e conservati per le generazioni future (scuole, edifici scolastici, spazi verdi, aree attrezzate, sedi di coinvolgimento per genitori e bambini etc.) Quando è necessario tutelare beni essenziali ed infungibili, quando l’investimento di risorse non è in grado di assicurare la conservazione del bene nell’interesse generale, a favore anche delle generazioni future, quando la legge impone interventi con poteri autoritativi, l’intervento dei privati, nell’esercizio dell’attività economica che non può sostituire la gestione del soggetto pubblico. Un diverso modo di intervenire dei privati è l’azione espressione della sussidiarietà orizzontale e quindi ovvero un intervento diretto a soddisfare una finalità di interesse generale. Attraverso modelli di sussidiarietà orizzontale si può realizzare un intervento di “governo del bene di interesse comune”, che concorre con strumenti diversi all’azione pubblica nei suoi momenti di gestione, di regolazione di controllo, di accreditamento e di affidamento a strutture private. Non ultimo rimane il problema dei costi, tenuto conto peraltro che è bene di interesse comune anche una finanza pubblica sana. Per cui l’amministrazione nell’operare le scelte è chiamata a bilanciare gli interessi di a tutelare. Vi sono indicazioni anche da parte dell’Unione per quanto specificamente si riferisce ai servizi per l’infanzia, si debba tenere conto quello che ha scritto la Commissione: ovvero che investire nell’infanzia, riduce la spesa per l’inclusione sociale nella età adulta e permette di fatto di creare l’uomo del futuro in una ottica di crescita culturale con riflessi diretti sull’economia globale. Quindi, è una spesa oggi per un risparmio complessivo.