Scipero-mensa: un panino è per sempre?



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Bologna. Sciopero della mensa atto secondo: a distanza di qualche mese ci risiamo. Il primo sciopero a suon di panino, è stato consumato all'aria aperta, era primavera, e la cosa è riuscita molto bene. I bambini che non hanno aderito sono rimasti in aula a consumare il pasto normale e gli altri
sono usciti. Non si è trattato di un capriccio. Dividere i bambini è stata una necessità dettata da più fattori "tecnici" quali: la contaminazione dei cibi, il personale coinvolto e altro ancora. Queste motivazioni oggi non ci sono più e l'Amministrazione dà disponibilità a consumare i diversi pasti nei medesimi spazi.
E noi ci poniamo delle domande: Come mai non ci sono più ostacoli di sorta? E se i bambini che consumano panino e il pasto possono star vicini durante lo sciopero, perché non possono farlo sempre? 
Pare una domanda banale ma non lo è, tant'è che a Torino i genitori hanno fatto un ricorso al TAR anche sulla medesima questione. “Il Tar- racconta l'avvocato Giorgio Vecchione che ha seguito la pratica per 700 genitori- ci ha rimandato ad un giudice ordinario. Attualmente siamo in attesa di decisione”.
E se la domanda dovesse essere accolta , si aprirebbe un varco enorme per “dismettere” le mense che risultano inefficienti in tanti parti d'Italia, per essere scavalcate dal pranzo al sacco.
Ma torniamo a Bologna. Un servizio caro, tra i più cari in Italia e un servizio senza apparente controllo del pubblico, attira l'attenzione. Perché mai una situazione del genere deve ricadere sulle tasche dei cittadini? Le aziende partecipate numerose in tutto il paese hanno vari difetti, non in teoria, ma nella pratica dei fatti.
Il socio privato e il socio pubblico sembrano rimbalzarsi le responsabilità di utili e di una qualità che fa acqua da tutte le parti. 
Se a contratto è scaduto e prorogato: perché il comune non interviene con nuova gara a scegliere nuovi soci? E’ fisiologico il rinnovo del rapporto e le società partecipate comunali già l’hanno conosciuto si pensi al caso della società che gestisce le farmacie comunali.
Potrebbe aprirsi questa strada? Il comune potrebbe rimpiazzare “l'indisciplinato” socio privato per far posto a qualcun altro?
La via sarebbe percorribile liquidando la parte del privato ma con quali costi?
Si potrebbe  aspettare che il contratto scada? E seguendo questa prospettiva che ci pare la più percorribile, invitiamo a fare un'attenta analisi per il futuro. Nei contratti si potrà tener presente la possibilità di scindere l'accordo in casi di mala gestione? Si potranno tutelare gli interessi e le economie del  socio pubblico che fino a prova contraria, sono anche gli interessi di tutti i cittadini. E una buona volta si potrebbe pensare ad una soluzione che che tenga presente davvero la voce dei cittadini attraverso l’applicazione di un modello democratico? O quantomeno tenga conto della voce di quella parte dei cittadini che sono l’utenza e che sono costretti ad utilizzare strumenti quali uno sciopero per dar voce ad una profonda insoddisfazione nel servizio. Siamo di fronte ad una disillusione verso l'amministrazione e la politica che pare essere sempre più difficile da gestire e invece di aprire nuove strade sta causando un irrigidimento e chiusure sempre più forti.
Prof Avv Silvia Nicodemo e Laura Branca