Nidi aziendali: welfare, responsabilità, educazione



Il nido aziendale non è una nursery in cui le dipendenti di un'azienda possono lasciare i propri bambini. I nidi aziendali, accolgono sì i figli dei dipendenti e delle dipendenti delle aziende che li creano, ponendosi però come parte di un sistema di servizi integrato per l'infanzia radicato nel territorio. In altre parole i nidi aziendali dovrebbero essere dei servizi attraverso i quali le imprese collaborano con i soggetti pubblici e quelli privati alla realizzazione di un sistema di servizi per l'infanzia che abbia al centro i bambini. I nidi aziendali sono stati protagonisti del convegno Nidi aziendali, il ruolo sociale dell'impresa, uno dei sei appuntamenti dedicati da Didea, evento nell'evento all'interno della Fiera del libro per ragazzi di Bologna.

Quando si parla di servizi educativi per la fascia 0-3 e 0-6 anni non si può non fare riferimento all'agenda di Lisbona che nel 2000 ha fissato al 33% la copertura degli asili nido per i paesi dell'Unione Europea, quota che nel nostro paese è stata raggiunta da poche regioni tra cui L'Emilia Romagna. In Italia frequenta il nido il 12% dei bambini, una media però che risente di forti disomogeneità territoriali in particolare tra le regioni del Sud e quelle del Nord-Est. Disparità che si riflettono anche sull'occupazione femminile giacché da anni studi e ricerche mostrano che laddove è maggiore la presenza di servizi per la prima infanzia lo è anche il tasso di occupazione delle donne.

L'incontro che si è tenuto in fiera aveva tra i suoi obiettivi quello di mettere intorno ad un tavolo le diverse competenze, da quelle pedagogiche a quelle degli architetti che progettano le strutture, per ragionare intorno al concetto fondamentale di qualità.
Quando le aziende danno vita ad un nido aziendale attivano un ruolo sociale. Un concetto, quello della responsabilità sociale dell'impresa, che animava già l'esperienza dei nidi voluti da Adriano Olivetti, un'esperienza che ha fatto storia e che negli anni'60 e 70 costituiva un oggetto di studio per coloro che si occupavano di pedagogia. In Italia, infatti, i nidi aziendali vantano una tradizione antica, seppur non diffusa. L'esperienza di Ivrea, messa in campo da Olivetti, conteneva in se due concetti oggi molto importanti: il welfare interno e l'apertura alla comunità.

Milano: l'esempio del Nido Bicocca
Sono diverse nel nostro paese le esperienze di nidi aziendali ed interaziendali, realtà che differisconoe tra loro per organizzazione, gestione, numero di bambini accolti. Susanna Mantovani, ordinario di pedagogia dell'università milanese, ha illustrato l'esperienza del nido "Bambini Bicocca".
Il nido sperimentale, la cui supervisione scientifica è affidata a Susanna Mantovani, è attivo dal 2005. La struttura sorge nell'ala ristrutturata di una vecchia scuola elementare, ceduta dal comune all'università a patto che vi venisse realizzato un nido e che un terzo dei posti dello stesso fosse destinato ai bambini del quartiere. Il nido, coordinato dal Consorzio Bambini Bicocca, ospita 64 bambini dai 3 mesi ai 3 anni. Il nido accoglie i figli dei dipendenti della Bicocca, dei residenti del quartiere e dei dipendenti di un gruppo di aziende convenzionate. Le rette sono stabilite secondo criteri di reddito e i dipendenti dell'università possono iscrivere i propri bambini allo stesso costo dei nidi comunali. Nel tempo la possibilità di usufruire del servizio è stata estesa anche a specializzandi, dottorandi, assegnisti, borsisti e docenti a contratto.
Le rette, per il tempo pieno, vanno dai 300 ai 465 euro.  Il servizio ha in media un costo di 800 euro a bambino di cui l'80% relativo alle spese per il personale. L'Università, attraverso il dipartimento di Scienze della Formazione, oltre ad offrire gli spazi si occupa del supporto scientifico, del coordinamento pedagogico e della formazione del personale. 
Organizzato in tre sezioni, il nido dispone di un giardino in cui, grazie anche all'ausilio di una docente di botanica, vengono realizzati diversi progetti ed atelier. Tra le particolarità del nido c'è quello di essere anche un laboratorio di formazione, che accoglie ogni anno circa 12 studenti della facoltà di Scienze della Formazione. Il nido dispone anche di un osservatorio che permette, ad esempio ai ricercatori, di osservare senza essere osservati, a patto però, che le educatrici ne siano informate.
Il nido ha promosso la costituzione di una rete nazionale di nidi universitari e partecipa a progetti di ricerca italiani ed internazionali. Nel 2013 ha vinto il Sodalitas Social Award per le "iniziative di responsabilità sociale realizzate da istituzioni ed enti pubblici".
L'esperienza ha mostrato nel tempo che la presenza di un nido aziendale "crea comunità" all'interno dell'Ateneo e nel territorio.  Inoltre, la presenza di un nido aziendale - ha spiegato Susanna Mantovani - non spinge le donne a tornare prima al lavoro" ma costituisce una forma di sostegno alla genitorialità.

Bologna: il nido Mast
A Bologna esistono oggi diversi nidi aziendali. Tra i più conosciuti ci sono il Filonido voluto dalla regione e  L'Isola dei tesori realizzato dall'Agenzia delle Entrate in collaborazione con il Comune. Tra le esperienze nate dall'iniziativa di imprenditori privati appare innovativa quella del Nido Mast, realizzato dall'omonima fondazione che fa capo all'imprenditrice Isabella Seragnoli. Il nido, inaugurato nel 2012, ospita 65 bambini. La struttura ospita i figli dei collaboratori del gruppo Coesia ed una quota di posti è riservata, in convenzione con il Comune, ai nuclei familiari del quartiere. Ai collaboratori del gruppo  viene praticato  uno sconto sulle rette, calcolate come per i servizi comunali sulla base del reddito. Il nido è gestito direttamente dalla fondazione che si avvale della collaborazione di Reggio Children e delle coopertaive Cadiai e Giannino Stoppani.
Tra le varie attività proposte figurano anche l'apprendimento dell'inglese attraverso la musica atelier dedicati a natura e colore.

Perché il nido aziendale? Perché il nido?
Il progetto pedagogico è parte essenziale nella progettazione e realizzazione di un nido aziendale, in quanto servizio però questo per poter durare nel tempo deve rispondere anche ai criteri di sostenibilità e flessibilità. "Affinché i dipendenti di un'azienda scelgano il nido aziendale questo non solo deve essere facilmente raggiungibile - ha spiegato Caterina Segata, responsabile dei servizi all'infanzia della Cooperativa Dolce - ma deve richiedere un contributo economico molto simile a quello del pubblico o del privato convenzionato". Un'altra caratteristica che il nido deve avere è quella della flessibilità. I nidi aziendali, in genere, offrono un servizio che negli orari ricalca quello degli altri servizi presenti nel territorio. Una leva che può spingere i genitori a scegliere il nido aziendale è rappresentata però dalla flessibilità in entrata e in uscita, che permetta al bambino, fermi restando i momenti fondamentali come la nanna o la pappa, di trascorre più tempo con i genitori.
Se i motivi che possono spingere un genitore a scegliere il nido aziendale sono relativamente semplici da comprendere più complessi sono quelli che dovrebbero spingere le imprese ad investire nei nidi. Motivi che sono in parte sovrapponibili a quelli che dovrebbero spingere anche il pubblico a investire nei servizi 0-6.  Perché investire nei nidi? A questa domanda ha cercato di rispondere Andrea Bairati, direttore Innovazione ed education di Confindustria. In estrema sintesi si può dire che, nella visione confindustriale, un investimento nei servizi dedicati alla prima infanzia può avere , nel lungo periodo, effetti economici positivi. Effetti economici che non riguardano solo i tassi di occupazione femminile. Il dirigente di via dell'Astronomia ha mostrato l'esistenza di una relazione positiva tra la frequenza del nido e i risultati scolastici e tra la frequenza dei servizi 0-6 e un minor abbandono scolastico, un fenomeno quest'ultimo che ha forti ripercussioni economiche. In altri termini, in una visione di lungo periodo, un investimento sui nidi non solo sostiene il welfare ma può essere considerato un investimento anticipato sulle risorse umane.

Nella foto il nido Mast