Scuole d'infanzia a pagamento. Ecco cosa ne pensano i genitori e l'avvocato Giorgio Vecchione

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Cronaca bambina "Siamo molto sorpresi di non essere stati, non dico consultati, ma neppure pre avvertiti in alcun modo in sede di CMC" Ci spiega Claudio Cristofori componente della commissione mensa cittadina di Bologna. La delibera di cui parla introduce la retta alla scuola d'infanzia comunale che andrà a sovrapporsi all'attuale tariffa delle mensa. Lo stupore di Cristori è ben fondato visto che la commissione è l'organo di partecipazione, riconosciuto dall'attuale giunta Merola, che si occupa di monitorare le mense scolastiche. Cristofori continua a spiegare "Stiamo lavorando da anni con l'amministrazione. Siamo partiti da una situazione emergenziale, durante lo sciopero del panino, quando molti genitori erano arrabbiati e stanchi delle tariffe che erano davvero altissime e avevano poca trasparenza. Siamo riusciti con anni di lavoro e confronto ad abbassare i costi delle refezione scolastica (oggi a 5,20 Euro a pasto) abbiamo portato trasparenza al costo del singolo pasto e la situazione è rientrata...E oggi? La delibera propone di sovrapporre il costo di una retta per la scuola, che non esisteva, con quello del pasto, creando di meno trasparenza." La delibera che potete leggere qui, è lunga e articolata. Per capirla meglio abbiamo consultato l'avvocato Giorgio Vecchione di Torino del gruppo CaroMensa. L'avvocato che, dopo molte battaglie legali, è riuscito a far affermare il diritto a consumare il pasto da casa anche tra le pareti scolastiche. (leggi sentenza qui

Avvocato ci commenta la delibera?
"La disamina della proposta di deliberazione del comune di Bologna, desta non poche perplessità. La tassa di iscrizione sembra essere stata solo spostata, nel senso che nelle materne comunali la chiamano tariffa di frequenza scolastica (e non come corrispettivo del servizio mensa). Per cercare di comprendere le ragioni, è ragionevole pensare che l’amministrazione, con il timore che il fenomeno del pasto da casa si estenda anche alle materne – o anche solo la frequenza dei minori in orario mattutino, senza servizio mensa – preferisca chiamare la contribuzione in modo diverso, svincolandola dal servizio di ristorazione scolastica (per legge facoltativo a domanda individuale – dm 31.12.1983) in un modo che nessuno se ne possa “liberare”. 
E quindi? 
"Evidente cosa ciò possa dissimulare: si sposta la tariffa mensa sull'iscrizione alla scuola materna così, qualora un domani passasse il principio del diritto al pasto da casa anche nelle materne – ad esempio nel rispetto del diritto costituzionale alla libertà ed autonomia nelle scelte alimentari – anche chi decidesse di non aderire al servizio mensa, sarebbe costretto a pagare la tariffa di frequenza, pur senza fruire del servizio.Tuttavia, il fatto che la tariffa è dichiarata pari al costo del servizio mensa e che il sistema non è a forfait, ma a consumo, sembrerebbe smentire il ragionamento precedente.  Chi decidesse di non far fruire ai figli il servizio mensa scolastica non dovrebbe pagare nulla e continuare a fruire della gratuità del servizio scolastico della scuola dell’infanzia".  
A meno che …. 
"A meno che questo capoverso che trascrivo …“La somministrazione dei pasti da parte della scuola è parte integrante e non scindibile dell’organizzazione del servizio di scuola d’infanzia per le sue finalità educative, la cui fruizione non è soggetta a contribuzione autonoma, ma nell’ambito della corresponsione di una tariffa di frequenza della scuola”; non voglia velatamente IMPORRE la OBBLIGATORIETA’ dell’iscrizione dei minori al servizio di ristorazione scolastica, andando in tal modo ad incidere, illegittimamente, sul sistema normativo per il quale il servizio di ristorazione è un servizio facoltativo a domanda individuale. Svincolare il pagamento dal servizio, inoltre comporta il rischio di non avere più corrispondenza tra quanto si paga e quanto si riceve". 
E a Torino cosa è successo? 
"L’esperienza di Torino ha portato ad accertare che le famiglie pagavano per il servizio di ristorazione un importo decisamente più alto del costo del servizio stesso. È  gli onori della cronaca, ed all’attenzione della Corte dei Conti, il sistema tariffario torinese che prevede, in tariffa, un importo di circa 12.000.000 pagati dalle famiglie a copertura dei c.d. COSTI INDIRETTI, la cui illegittimità e non debenza è stata riconosciuta dallo stesso Consiglio comunale nella seduta dell’aprile 2016". 
Infine chiudiamo con la provocazione di Cristori da Bologna: "Ma se il pasto è un momento formativo e scolastico perché si dovrebbe pagare?"